Giorno 2 – 25 luglio. Il nostro viaggio esplorativo attraverso la Sardegna è continuato all’insegna di un’intera giornata dedicata alla natura (trovi la prima parte del viaggio cliccando qui ).
Non avevamo programmato il tour dei tre giorni nel dettaglio; non volevamo essere vincolati nel caso in cui alcune tappe avrebbero richiesto più tempo del previsto. Infatti, per visitare Cala Gonone e Cala Luna è stata necessaria l’intera giornata del mercoledì.

Ci troviamo nel cuore del Golfo di Orosei, precisamente nel comune di Dorgali (al centro della costa orientale); da qui partono molte imbarcazioni che permettono di vivere diverse esperienze solcando il meraviglioso mare blu della costa: mini crociere e gite sui battelli grazie alle quali poter raggiungere alcune delle baie più belle e note della Sardegna, insieme alla famosa Grotta del Bue Marino. Noi abbiamo optato per grotta e relax sulla piccola spiaggia di Cala Luna.

Salpati con l’imbarcazione delle 11 e muniti di consigliatissimi cappelli di paglia, ci siamo goduti sole, mare e uno scenografico paesaggio costiero. La grotta era la “casa” del bue marino – da cui prende il nome – appellativo usato dalla popolazione del luogo per riferirsi alla foca monaca, mammifero oggi probabilmente scomparso. Si accede da un maestoso ingresso, costituito da due arcate a picco sul mare; le cavità della grotta sono lunghe circa 15 km di cui sono state distinte due direzioni, ramo nord e ramo sud. Quest’ultimo è l’unico percorribile e quindi visitabile con una guida esperta che, a fine percorso, sulla spiaggia detta delle foche, fornisce qualche informazione relativa alla meravigliosa grotta marina che si sta attraversando. Si tratta di un luogo davvero suggestivo, l’acqua del mare penetra fin dentro arrivando a congiungersi con quella di un torrente; acqua e luce provenienti dall’esterno regalano giochi e riflessi spettacolari oltre ad una piacevole e frizzantina aria fresca. La visita dura all’incirca un’ora e non è permesso fare alcuna foto all’interno: si tratta di un complesso naturalistico ancora in formazione e si capisce benissimo osservando come una discreta moltitudine di stalattiti e stalagmiti non si sia ancora del tutto modellata. Dalla grotta, con un altro battello, abbiamo poi raggiunto la spiaggia di Cala Luna.

Protetta dalla roccia, la spiaggia dorata spicca tra il mare azzurro e il verde della lussureggiante flora che le fa da sfondo. Questo contesto naturalistico le conferisce un aspetto selvaggio incantevole. Si può raggiungere sia via mare sia via terra: per gli amanti del trekking può essere un’ottima occasione di unire due emozionanti esperienze (purtroppo per questioni tempistiche abbiamo dovuto rinunciare a questa opportunità). Essendoci avviati in tarda mattinata con il battello, credevamo di essere in ritardo per poter prendere un posto minimamente comodo sulla spiaggia di Cala Luna. Ma, fortunatamente, avevamo beccato una fascia oraria tutt’altro che inopportuna! Eravamo giunti nel cuore della pausa pranzo, quando ancora la folla non si era precipitata all’assalto della riva.

Dopo un bel bagno nelle chiare acque azzurre, abbiamo raggiunto il bar-ristorante nascosto tra la folta vegetazione alle spalle della spiaggia. Ovviamente i prezzi dei menù sono molto turistici ma perlomeno l’offerta è semplice e le porzioni sono abbastanza abbondanti. Non abbiamo né faticato a trovare un posticino né aspettato troppo a lungo; in molti avevano optato per il pranzo a sacco portato da casa quindi anche questo aveva contribuito a rendere tutto più semplice. Ci siamo trattenuti sulla spiaggia per qualche ora, siamo rientrati intorno alle 16 al porto dove avevamo lasciato la nostra auto; i battelli arrivano e ripartono ogni 30 minuti quindi è davvero comodo programmare visite last minute alla caletta.

Letteralmente cotti dall’intensa giornata di sole, ci siamo avviati verso l’ultima tappa della giornata, ovvero il nostro B&B, dove avremmo dormito per la seconda ed ultima notte del nostro giro turistico. Dalla costa orientale della Sardegna, il nostro road trip è proseguito attraversando l’isola fino a raggiungere la costa opposta, nella provincia di Oristano.

Avevamo programmato di trascorrere quella notte a Cabras, in modo da raggiungere comodamente, il giorno successivo, San Salvatore di Sinis, un borgo che mi aveva incuriosita particolarmente durante le ricerche in rete finalizzate all’organizzazione del nostro viaggio in Sardegna. Ma di questo vi parlerò dopo, prima è necessario che condivida con voi la cena suprema consumata in un ristorante tipico a pochi passi dall’albergo di Cabras.

Alla gentilissima signora del B&B avevamo chiesto di suggerirci un posto dove poter assaporare una cena a base di pesce: “Da Attilio” – è stata la sua risposta – “io vado a mangiare spesso lì, ma dovete chiamare, è sempre pienissimo”. Fortunatamente abbiamo trovato un posticino per due, anche se una volta giunti all’orario concordato abbiamo dovuto attendere un po’ prima di sederci. Poco male, si sono fatti immediatamente perdonare offrendoci un prosecco e servendoci, una volta preso posto, una serie di gustosissime pietanze che difficilmente dimenticheremo. I piatti, rigorosamente di pesce freschissimo, erano di una tale bontà da meritare un po’ di spazio in questo racconto. Vi segnalo, intanto, un’idea davvero gustosa per assaporare la ricciola, pesce notoriamente secco che alla “Trattoria da Attilio” e in Sardegna in generale viene servita come antipasto: suppongo fosse stata cotta al vapore e poi condita semplicemente con fette di pomodoro, olio evo e cipolla rossa dolce. Questa squisitezza è stata accompagnata da un’infinità di antipasti (che rientravano sul menù nell’unica voce “Antipasti misti di mare”) tra cui ottime cozze in guazzetto, seppie in umido, insalata di mare e da altrettanti gustosi secondi come la mia grigliata di pesce… il tutto a soli 45 euro, compresi vino e acqua. Insomma, da come potete capire questo posto ha fatto breccia nei nostri cuori!
Super sazi e altrettanto stanchi, abbiamo fatto immediatamente rientro al B&B e dopo una rigenerante dormita eravamo pronti per affrontare il nuovo ed ultimo giorno del nostro tour.
Giorno 3 – 26 luglio. Mentre ero a Torino seduta davanti al PC e programmavo le tappe da toccare con il nostro tour, il viaggio in Sardegna aveva assunto la sua forma, includendo, insieme a due borghi dell’oristanese, anche un paio di mete interessanti nell’entroterra dell’area occidentale, comprese nel territorio della provincia di Sassari. Tuttavia – e questo è il bello dei viaggi organizzati, sì, ma non troppo – abbiamo deciso in itinere di modificare il nostro giro, prediligendo la zona lungo la costa nella provincia di Oristano e tralasciando il resto. Quell’area è stata una sorprendente scoperta; ospita borghi affascinanti in contesti naturalistici meravigliosi oltre ad essere di gran lunga meno affollata rispetto ai luoghi fino a quel momento visitati.

Durante la nostra deliziosa colazione, la sempre gentile e disponibile signora del B&B ci ha caldamente suggerito di raggiungere innanzitutto la vicinissima località di Tharros e poi di non lasciarci sfuggire la spettacolarità ed unicità della spiaggia di Is Arutas. Ma andiamo con ordine.
Riprese le valigie ed attivato Google Maps, ci siamo avventurati alla scoperta del particolare borgo di San Salvatore, un luogo d’altri tempi, desolato e in parte “maltrattato” da gente poco attenta e maleducata che non si è curata di evitare di abbandonare rifiuti a ridosso di reperti archeologici. La tristezza davanti a tale scempio è stata tanta…

Lasciata l’auto sulla strada polverosa che porta al piccolo paese, che ricorda tanto un film del far West, ci siamo addentrati nell’unica via d’accesso tra le abitazioni completamente abbandonate. Non c’era nessuno, non si sentiva una mosca volare – avevo letto che si trattava di un paese disabitato – a farci compagnia esclusivamente le cicale con il loro inconfondibile canto estivo.

In realtà, una volta giunti davanti alla chiesetta il cui ingresso è praticamente nascosto, ci siamo accorti che non eravamo soli! Ad accogliere i visitatori curiosi c’era il custode che sorridente ci invitava a scoprire gli interni della piccola chiesa e il suo ipogeo. È stato lui a rivelarci il curioso mistero di quel posto: San Salvatore di Sinis non è un vero e proprio paese fantasma, per pochi giorni durante il mese di settembre riprende nuovamente a vivere grazie alla Corsa degli Scalzi (processione e festa religiosa e civile in onore di San Salvatore; una vera e propria rievocazione che ricorda l’atto di difesa da parte degli “Scalzi” della statua del Santo, minacciata dai Mori nel 1619). Non credevo potesse esistere un posto così affascinante, abbandonato a se stesso e saltuariamente “risvegliato”!


Eretta su un santuario preistorico scavato nella roccia, la Chiesa di San Salvatore conserva nel suo ipogeo tracce risalenti al Neolitico. È uno spazio diviso in diverse stanze dalla forma quadrangolare e circolare con un’aula più grande, la principale, dotata di fonte sorgiva. Durante l’età nuragica questo luogo era dedicato al culto pagano delle acque; in epoca paleocristiana fu trasformato in santuario dedicato a San Salvatore. Le decorazioni murarie testimoniano le varie fasi storiche e l’alternanza delle dominazioni. Le sobrie abitazioni che circondano l’edificio ecclesiastico, note col nome sas cumbessias, risalgono al XVII secolo ed ospitavano i pellegrini che si recavano per onorare il Santo.

Dopo questo tuffo in un passato fatto di sacro e profano e di rievocazioni storiche, abbiamo continuato il nostro viaggio tra le bellezze archeologiche del luogo raggiungendo il sito di Tharros, un concentrato di storia, cultura e natura. I resti dell’antica città si trovano in un contesto paesaggistico dalla straordinaria bellezza. Tharros è stata prima villaggio nuragico, poi emporio fenicio, in seguito fortezza cartaginese, urbs in epoca romana e capoluogo durante il periodo bizantino, per finire capitale del giudicato d’Arborea. È un vero e proprio anfiteatro naturale in un lembo di terra incastonato tra il verde della vegetazione e il blu del mare, sovrastato dalla Torre di San Giovanni (il cui nome deriva dalla vicina chiesa di San Giovanni di Sinis).

Pagando il biglietto d’ingresso, ci siamo ritrovati a passeggiare attraverso la storia, addentrandoci nella urbs romana del III secolo d.C. costituita da due aree termali, dal castellum aquae (una struttura dalla forma quadrangolare realizzata nel centro della città) col suo acquedotto e dai templi. Due colonne, le uniche sopravvissute dell’antico tempio tetrastilo, guardano verso il mare creando con esso un paesaggio unico.


La torre di San Giovanni fu realizzata tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo presumibilmente sui resti di un nuraghe e di una torre punica. Si erge su un’altura a 50 m.s.l.m. dalla quale si può godere di un paesaggio a 360° della costa che vi farà rimanere a bocca aperta!

Sulla via del ritorno, nonostante il nostro stomaco avesse iniziato giustamente a brontolare, ci siamo fermati ad ammirare un particolare esemplare di chiesa paleocristiana dedicata a San Giovanni di Sinis, che timidamente si scorge dalla strada carrabile che porta al sito archeologico di Tharros.

Si tratta di una piccola e caratteristica chiesetta dalle forme molto particolari; ha una pianta rettangolare con abside sporgente e il primo impianto risalirebbe al periodo bizantino per poi raggiungere l’aspetto attuale in seguito alle modifiche delle epoche successive. Internamente è divisa in tre navate sovrastate da volte a botte ed è, in alcune parti, ricoperta da una patina di muschio che colora, con il suo tipico verde, i blocchi di arenaria con cui è costruita la chiesa, riuscendo a donarle un aspetto molto pittoresco. La fievole luce che entra dal portale d’ingresso – dalle linee essenziali – e da una finestra ottagonale contribuisce ancor più a rendere l’interno della chiesa un luogo molto suggestivo!


Proseguendo il nostro viaggio lungo la costa occidentale della Sardegna, diretti a nord, ci siamo fermati alla cosiddetta “spiaggia di riso” – Is Arutas – una spiaggia ricoperta da granelli di quarzo dal colore dominante bianco ma che, se si osserva con più attenzione, presenta una varietà cromatica che va dal verde fino al rosa. Si tratta di una porzione di litorale unica nel suo genere che, insieme ad un limpidissimo mare turchese, regala alla costa un aspetto singolare e magico. Vista la particolarità della “ghiaia” marina e data la maleducazione di non pochi bagnanti, il comune ha deciso di segnalare in maniera evidente, mediante l’apposizione di cartelli, il divieto di prelevare i granelli, pena una multa molto salata.

La tentazione di tuffarci in acqua era tanta; la giornata soleggiata e poco ventilata invitava a rilassarsi sulla spiaggia! Se non avessimo avuto fretta (in serata dovevamo necessariamente rientrare ad Erula), avremmo certamente indossato il costume e ceduto al richiamo del mare. Ma, con grande dispiacere, ci siamo rimessi in viaggio.

Il nostro tour continuava attraverso l’esplorazione della costa, passando per paesini a picco sul mare, talmente affascinanti da costringerci a fermarci e fare tappa. Com’è successo con S’Archittu, un delizioso borgo dalle case bianche, nel quale ci siamo addentrati a poco a poco, facendoci guidare dalla curiosità.

Essendo quasi le 15 e non avendo ancora pranzato, abbiamo iniziato a camminare fino a fermarci in un ristorante con una bella terrazza sul mare. Dopo una buona pizza e dell’acqua fresca, abbiamo proseguito con l’esplorazione di quel posto sconosciuto, scoprendo in un secondo momento che si trattava di una nota meta turistica per gli appassionati di tuffi. Il nome del borgo deriva, infatti, da una grande e lunga roccia con un ampio arco dal quale è possibile tuffarsi; è stato addirittura scelto nel 2001 per i mondiali di tuffi da grandi altezze (visti i suoi 9 m).

Lasciato l’inaspettato borgo di S’Archittu a picco sul mare, abbiamo raggiunto l’ultima tappa del nostro tour intorno alla Sardegna: Bosa. Con le sue casette colorate, le antiche concerie a bordo fiume (il fiume Temo è l’unico fiume navigabile della Sardegna), un castello medievale, le stradine anguste e la bizzarra arte urbane, Bosa può essere considerata uno dei borghi più pittoreschi d’Italia.

Passeggiando tra le sue vie, in alcuni punti mi ricordava molto Napoli, complici indubbiamente l’architettura degli antichi palazzi e le strade molto anguste.

Camminando in lungo e in largo per la parte bassa del paese, ci siamo imbattuti nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione, situata lungo il fiume Temo all’altezza del ponte ottocentesco. L’edificio ecclesiastico risale al periodo tardo barocco, presenta un’unica navata con 5 campate, la copertura è a botte e il tutto è riccamente decorato così come richiede lo stile barocco.

Dopo un giro veloce tra le sue suggestive vie, ci siamo avviati a piedi verso il castello che dall’alto domina il borgo. La vista da lassù è uno spettacolo: si può ammirare Bosa, il fiume che la divide in due e il mare.

All’interno delle mura del Castello si trova la Chiesa Nostra Signora de sos Regnos Altos, di cui non si è riuscito a stabilire il periodo esatto di costruzione, né tantomeno se sia stata realizzata prima o dopo il Castello. Più che per il profilo architettonico, l’edificio ecclesiastico suscita interesse per le sue decorazioni parietali che abbelliscono il suo interno, presumibilmente risalenti al XIV secolo per opera di un artista toscano.


Terminata l’esplorazione intorno al Castello, siamo ritornati a valle e abbiamo continuato a passeggiare godendoci il sole pomeridiano e quel borgo così ricco di bellezze architettoniche. Una volta seduti al tavolo di uno dei bar del centro, non abbiamo smesso di guardarci intorno con occhi meravigliati e dicendoci a vicenda “Bosa è davvero uno spettacolo!”. Purtroppo non abbiamo potuto trattenerci oltre e ci siamo dovuti rimettere in viaggio verso la nostra casa sarda, ma convinti dell’idea che saremmo dovuti ritornare. Bosa merita senz’altro una visita meno fugace!

Siamo giunti ad Erula in serata; ad attenderci mio fratello Bruno, mia cognata Elisa, il cane Pablo ed una padella di fregola ai frutti di mare, altra squisita specialità sarda che non può certo mancare a tavola!

Un viaggio che si rispetti, oltre alle tappe di stampo prettamente culturale e naturalistico, include il “tour culinario” con tutte le tipicità del posto che si sta visitando. Questo, insieme a tutto il resto, costituisce parte fondamentale per la reale scoperta e conoscenza di un luogo.
Il rientro al punto di partenza della nostra vacanza sarda non segnava, tuttavia, la fine effettiva del viaggio; non potevamo rientrare a Torino senza fare tappa a Castelsardo! Quindi il giorno successivo abbiamo rimediato, concedendoci un’ultima gita visitando uno dei borghi più belli d’Italia.


Castelsardo si trova su un promontorio della costa nord-occidentale della Sardegna e, data la sua posizione, la località gode di un panorama mozzafiato sul Golfo dell’Asinara. In mattinata abbiamo visitato il Castello, fondato dalla famiglia genovese dei Doria nel XIII secolo e rimasto perfettamente intatto; al suo interno ospita un interessante Museo dell’Intreccio Mediterraneo recentemente restaurato, sito museale più visitato dell’intera isola che raccoglie molti esempi dei tipici cestini di Castelsardo.



L’intero borgo antico che si è sviluppato intorno all’antico castello è di una bellezza innegabile; visivamente molto turistico, è animato quasi esclusivamente da bar e ristoranti, botteghe e negozietti. Dopo un pranzo veloce, siamo rientrati sul litorale facendo tappa, per una questione di tempo, nella minuscola spiaggia cittadina, ai piedi del Castello, ma che noi non consigliamo in quanto l’acqua non è delle migliori.

La vacanza tra il mare cristallino e gli antichi borghi della splendida Sardegna stava giungendo al termine, con la tristezza che ogni fine vacanza porta con sé, ma con la consapevolezza che non sarebbero mancate altre occasioni di tornare a farle visita. L’isola è immensa e conserva infinite meraviglie che non aspettano altro di essere scoperte da due instancabili viaggiatori curiosi come me e Fabio. Approfitteremo senz’altro tante altre volte della presenza di mio fratello sull’isola per organizzare un nuovo viaggio in terra sarda … purtroppo non potremo farne a meno 😉. Bruno ed Elisa aspettateci, torneremo molto presto!
Questo articolo è stato scritto da Marilina